
Si è tenuto il 10 maggio a Roma, l’incontro di presentazione del VI Rapporto sull’economia circolare in Italia, presentato da Circular Economy Network ed ENEA.
In Italia, l’attenzione al risparmio coinvolge non solo le famiglie ma anche il settore produttivo. Il nostro paese si posiziona al secondo posto, dopo la Francia, nel tasso di utilizzo circolare di materia. Rispetto alle principali economie dell’Unione Europea, l’Italia eccelle nella capacità di massimizzare l’utilizzo delle risorse, con una produttività media di 3,7 euro per chilo, superiore alla media dell’UE di 2,5 euro per chilo.
L’interesse per l’economia circolare è diffuso anche tra le piccole e medie imprese italiane, con il 65% che dichiara di adottare pratiche circolari, più del doppio rispetto al 2021.
Sono dati di grande attualità perché, a un mese esatto dalle elezioni europee, l’economia circolare è una delle poste in gioco. Il futuro del Green Deal passa attraverso la circolarità. E l’Italia da sempre ha un ruolo di primissimo ordine in Europa su questo fronte. In questo contesto sono stati presentati oggi i dati del sesto Rapporto sull’economia circolare in Italia, realizzato dal Circular Economy Network (CEN) e da ENEA, nel corso della conferenza annuale sull’economia circolare, che si è svolta all’Acquario romano, nella Capitale.
L’Italia ancora ai primi posti nella UE
Per la prima volta, in questa edizione del Rapporto, le performance di circolarità delle cinque maggiori economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia) sono state comparate usando gli indicatori della Commissione europea: produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde, competitività e innovazione, sostenibilità ecologica e resilienza.
Anche con questi “nuovi” indicatori, risulta confermato il primato dell’Italia (45 punti) in termini di economia circolare, seguita da Germania (38), Francia (30) Polonia e Spagna (26). Il risultato positivo dell’Italia deriva soprattutto dalla gestione dei rifiuti.
Siamo primi in classifica per il tasso di riciclo dei rifiuti. Nello specifico, nel 2021 abbiamo avuto un tasso di riciclo dei rifiuti di imballaggio del 71,7%, 8% in più della media UE27 (64%). Inoltre, il riciclo dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto del 3,4% tra il 2017 e il 2022, raggiungendo il 49,2%. La media UE è del 48,6%, la Germania “vince” con il 69,1%.
Torniamo in testa con il riciclaggio dei RAEE: nel 2021 è stato pari all’87,1% (meno due punti percentuali rispetto al 2017), con una media UE dell’81,3%. Tutto ciò a fronte di una produzione media pro capite dei rifiuti urbani di 513 kg nel 2022 nella UE; mentre in Italia siamo passati dai 504 kg/ab del 2018 ai 494 kg/ ab del 2022. Nel 2022, la produttività delle risorse in Italia ha generato, per ogni chilo di risorse consumate, 3,7 euro di PIL, +2,7% rispetto al 2018.

Il consumo dei materiali in Italia
Dunque, va tutto bene? Non proprio. Ad esempio, il consumo dei materiali in Italia nel 2022 è stato di 12,8 tonnellate/abitante, minore della media europea (14,9 t/ab) ma in crescita (+8,5%) rispetto alle 11,8 t/ab del 2018. Ancora, sempre nel 2022, la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di materiali (46,8%) è più del doppio della media europea (22,4%), anche se in calo (-3,8%) rispetto al 2018. Infine, per ciò che riguarda i brevetti relativi alla gestione dei rifiuti e al riciclaggio, nel 2020 per ogni milione di abitanti ne sono stati depositati 0,46, cioè complessivamente 206 nell’Unione Europea. In Italia solo 21 brevetti (0,36 per milione di abitanti): -25% rispetto al 2016. Nel loro insieme gli indicatori di trend della circolarità, basati sulla dinamica degli ultimi cinque anni, segnalano una certa difficoltà dell’Italia a mantenere la sua posizione di leadership.
“Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese”, ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “Ancora di più per un Paese povero di materie prime e caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia. Servono misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni. Nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”.
L’indagine sulle PMI e il loro rapporto con l’economia circolare
Tra i focus di questo anno le piccole e medie imprese, colonna portante del sistema produttivo italiano. Con un’indagine realizzata tra dicembre 2023 e gennaio 2024, in collaborazione con CNA, presentata alla Conferenza del CEN, è stato chiesto a 800 piccoli imprenditori (il 49% nei servizi, la restante metà nell’industria e in particolare il 35,5% nella manifattura e il 14,1% nelle costruzioni) cosa pensano e soprattutto come agiscono rispetto alle politiche green. Il 65% del campione delle piccole imprese intervistate dichiara di mettere in atto pratiche di economia circolare: oltre il doppio rispetto a quanto rilevato nel 2021.
Inoltre, il 10% delle imprese ha intenzione di avvicinarsi all’economia circolare nel prossimo futuro. Gli interventi realizzati più spesso riguardano l’uso di materiali riciclati (68,2%), la riduzione degli imballaggi (64%), interventi per la durabilità e la riparabilità del prodotto (53,2%). Rispetto ai principali vantaggi dell’adozione di misure di economia circolare, il 70,4% delle imprese indica la maggiore sostenibilità ambientale, la riduzione dei costi di produzione (61%), la maggiore efficienza (35,6%) e l’impulso all’innovazione (34,2%). Per il 61% delle imprese coinvolte nel sondaggio le misure di economia circolare generano benefici in termini di riduzione dei costi. L’indagine conferma che le piccole imprese possono svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verso un’economia circolare. Ma è necessario che le politiche pubbliche siano maggiormente orientate in questa direzione.



