PVS Group risponde alle nuove sfide del pharma

Velocità di reazione e impegno per la qualità hanno consentito a PVS Group di supportare efficacemente, con i suoi servizi di qualifica e convalida, le industrie farmaceutiche, anche e soprattutto nel corso dell’emergenza sanitaria.

di Alessandro Bignami

Le attività di qualifica e convalida dei processi farmaceutici non si sono fermate neppure nel periodo più buio del lockdown. Con un’emergenza sanitaria in corso, anzi, il loro contributo è stato essenziale per supportare l’industria del pharma nella risposta all’improvviso incremento della domanda di farmaci salvavita e antivirali, oltre che di prodotti disinfettanti. Non per tutti è stato semplice interpretare le dinamiche del mercato stravolte dalla pandemia. Uno scenario che richiede grande reattività e rapidità decisionale. Caratteristiche che PVS Group – Process Validation Service, che conta su una équipe altamente qualificata ma anche su una struttura contenuta e agile, ha saputo mettere a disposizione del settore. L’azienda italiana, specializzata nella consulenza e nei servizi di convalida e qualifica a carattere GxP, non ha mai sospeso le sue attività, pur adattandole alle esigenze di contingentare gli interventi sul posto e di integrarli con videocollegamenti da remoto.

Sulle complesse sfide di questo 2020 e sulle prospettive per i prossimi mesi si è soffermato Rodolfo Russo, Amministratore Delegato di PVS Group.

Rodolfo Russo, Amministratore Delegato di PVS Group.

Qual è l’umore in azienda in questa fase di ricerca di una nuova normalità?

Non abbiamo registrato significativi cali di fatturato. Ad eccezione di un paio di settimane nella fase più drammatica dell’emergenza, non ci siamo fermati, anche in virtù del nostro codice ATECO. Sebbene in modalità contingentata, abbiamo continuato a svolgere anche gli interventi sul campo, per le attività di controllo e verifica del ciclo produttivo del farmaco. D’altronde durante il lockdown ricevevamo diverse richieste scritte da parte di aziende farmaceutiche che non potevano fermare la lavorazione e che avevano bisogno del nostro supporto in loco. Tutto questo con le autorizzazioni necessarie, il rispetto delle norme e in un clima davvero complicato, quando gli stabilimenti gestivano le visite con il contagocce e gli spostamenti erano quasi azzerati.

 

Come vi eravate organizzati per garantire l’attività in quel periodo critico?

Il nostro lavoro si basa in gran parte sugli interventi presso i clienti, che coinvolgono quasi tutto il nostro personale. Durante il lockdown, gli operatori incaricati di uscire sul campo sono stati ridotti a una decina rispetto ai 35 dell’intero staff. I rimanenti hanno adottato lo smart working, recandosi negli uffici solo quando indispensabile. La nostra sede è comunque ampia e consente di rispettare il distanziamento senza problemi. L’attività è stata continuativa, anche perché quasi tutti i nostri clienti non hanno mai chiuso e in certi casi – soprattutto chi produce farmaci salvavita, antivirali, sanificanti e altri prodotti ora altamente richiesti – hanno aumentato la produzione. Tuttalpiù è stata rimandata l’installazione di nuovi impianti.

Per le vostre attività di convalida e qualifica avete sfruttato anche le tecnologie per la comunicazione a distanza, al fine di diminuire gli spostamenti?

Sì, abbiamo potenziato l’uso di una piattaforma come Zoom, che avevamo già abbondantemente testato prima del Covid per le nostre riunioni, considerando che gli operatori si trovano spesso fuori sede. Inoltre abbiamo imparato ad adattarci ai molteplici strumenti digitali utilizzati dai clienti. La comunicazione a distanza è stata utilizzata non solo per i contatti commerciali, ma anche per alcune attività operative. È capitato che ci collegassimo da remoto con un reparto produttivo, mentre un operatore del cliente era sull’impianto e lanciava i batch di prova: noi osservavamo il processo visualizzando da remoto i dati provenienti dal sistema di automazione e di controllo automatico. Con i risultati ottenuti, abbiamo potuto completare la qualifica a distanza e confezionare il protocollo di convalida.

 

Il maggiore ricorso agli strumenti digitali in fase di convalida proseguirà anche dopo l’emergenza?

Ritengo di sì, almeno per alcune attività (come la visualizzazione dei dati da remoto sui sistemi di automazione) che, come abbiamo potuto constatare nei mesi scorsi, si riescono a svolgere anche senza la presenza, con la conseguente riduzione dei costi di spostamento e dell’impatto ambientale. L’evoluzione dei sistemi di controllo e automazione degli impianti contribuisce a spingere in questa direzione. Va però tenuto in considerazione che nel settore regolatorio, in cui PVS opera, l’attività da remoto non è ancora sufficientemente normata e quindi non sempre è accettata dagli ispettori.

La modalità da remoto è destinata in ogni caso ad affermarsi in vari contesti. Lo abbiamo verificato anche noi a maggio, in un periodo ancora di forti restrizioni, quando abbiamo ottenuto il rinnovo della certificazione ISO9001 con un audit che si è svolto totalmente a distanza nel corso di un’intera giornata. È stato un importante momento di verifica delle procedure interne e un riconoscimento verso il nostro impegno, portato avanti quotidianamente, a favore della qualità.

Il back office nella sede di PVS Group a Paderno Dugnano (MI).

Dal vostro osservatorio sul settore pharma, avete notato qualche produzione che si è indebolita a causa dell’emergenza?

Direi di no. Alcuni investimenti sono stati rinviati di qualche mese, ma non annullati. Abbiamo visto semmai il contrario, con alcune società che hanno raddoppiato la produzione. È stato il caso di un’azienda italiana che produce l’enoxaparina, utilizzata con qualche buon risultato nel trattamento del Covid-19. Al limite, qualche difficoltà l’hanno vissuta i grandi fornitori multinazionali, anche nei servizi di convalida, a causa della loro catena di comando troppo articolata per rispondere velocemente a una domanda che, sotto i colpi della pandemia, mutava in modo incalzante. In effetti questo scenario si è rivelato più congeniale a una struttura come la nostra, piccola, snella, in grado di prendere decisioni rapide. Tanto che siamo riusciti anche ad acquisire qualche cliente nuovo.

 

Quali sono le prospettive per i prossimi mesi?

Positive. Da quando tutte le attività sono state riaperte, siamo ritornati ai ritmi pre-Covid. Anzi, abbiamo accelerato per recuperare alcuni interventi rimasti in sospeso. Inoltre, prevediamo un forte aumento della domanda da parte dei nostri clienti che saranno impegnati nella produzione dell’atteso vaccino. Pensiamo quindi di chiudere il fatturato 2020 sui livelli dell’anno scorso. E le previsioni per il 2021 sono di crescita, sull’onda della costruzione dei nuovi impianti per la produzione dei vaccini e dei farmaci destinati a combattere il coronavirus.

 

La richiesta dei vostri servizi riguarda più i revamping che gli impianti nuovi?

Siamo impegnati su entrambi i fronti, anche se è indubbio che in Italia da diversi anni vengano installati pochi impianti nuovi. I motivi sono noti: la tortuosità dell’iter per le autorizzazioni, il problema dell’impatto ambientale, gli scarsi spazi a disposizione negli stabilimenti. Limiti ancora più vincolanti nel nostro settore di riferimento, che è quello dei principi attivi: ci occupiamo di produzioni che, ancora prima che farmaceutiche, sono chimiche, dato che prevedono l’uso di solventi, processi di idrogenazione e altre applicazioni pericolose e a rischio esplosione. Ci capita quindi più frequentemente di intervenire in occasione di ampliamenti, di potenziamenti di impianto e di sostituzione di macchine non più performanti. E lo facciamo in qualità di partner completi, fornendo sia i servizi di ingegneria della nostra consociata Process Service, sia quelli relativi alla parte normativa, regolatoria e di convalida di PVS.