Dopo l’acquisizione di Nactis Flavours, continuano anche durante la fase di emergenza i progetti di espansione del Gruppo Nactarome, di cui fa parte AromataGroup, che punta a crescere su diversi mercati europei.
di Alessandro Bignami
Continua la strategia espansiva di AromataGroup, che non si è fermata neanche nel corso dell’emergenza globale per il coronavirus. Dopo l’acquisizione di IPAM a luglio del 2019, a dicembre 2019 è stata conclusa l’acquisizione del player francese Nactis Flavours: unione che ha dato vita alla nuova capogruppo Nactarome. A fine aprile 2020 è stato concluso l’iter per rilevare Create Flavours, azienda inglese specializzata nella produzione di aromi naturali. Si conferma così la strategia di buy–and–build del fondo di private equity Ambienta, che da fine 2018 detiene la quota di maggioranza di AromataGroup.
Leader nella produzione e distribuzione di aromi, estratti e coloranti naturali, AromataGroup è un fornitore d’eccellenza nel mercato del food & beverage italiano ed europeo, in particolare per i segmenti delle bevande alcoliche, del gelato, dei prodotti da forno, della pasticceria e del cioccolato, oltre al settore nutraceutico e delle industrie cosmetiche. Per fare il punto sui progetti del Gruppo e sulla sua reazione all’impatto dell’epidemia, abbiamo parlato con Tonio Grassmann, Managing Director e Partner in Nactarome.
Tonio Grassmann, può descriverci brevemente l’assetto attuale del Gruppo?
AromataGroup rappresenta in Italia una realtà di quasi 130 persone, che operano in tre stabilimenti nel Nord Italia. Nel luglio scorso abbiamo rilevato IPAM, società italiana affermata nel mercato del pangrattato e di altri ingredienti funzionali per il settore del salato, in particolare panificati, pastelle e prodotti impanati. Nel dicembre 2019 abbiamo acquisito anche la società francese Nactis Flavours, presente soprattutto sul mercato transalpino con quattro stabilimenti produttivi, oltre a uno in Belgio. L’unione delle forze con Nactis Flavours ci permetterà di incrementare la competenza nella formulazione e produzione di proposte per il mercato internazionale del dolce e del salato. La nuova organizzazione del Gruppo conta ora su oltre 450 dipendenti e un turnover di circa 110 milioni di euro di fatturato.
L’emergenza non ha fermato la vostra strategia di espansione…
Esatto. Abbiamo concluso recentemente l’acquisizione di un’altra azienda, l’inglese Create Flavours, che ha un fatturato di circa 9 milioni di euro e una quarantina di dipendenti. Sono iniziative in linea con la strategia buy–and–build del fondo europeo Ambienta, che nel 2018 rilevò AromataGroup. Allora il nostro fatturato era di circa 32 milioni di euro: in un anno e mezzo è stata creata una realtà da quasi 120 milioni, con tutte le caratteristiche di una multinazionale, capace però di rimanere vicina alle aziende medio-piccole presenti sul territorio di appartenenza delle società che fanno parte del Gruppo. La nostra azione supera così il mercato italiano e si allarga a quello francese, belga, inglese: tutti europei e vicini, ma anche molto diversi per esigenze e dinamiche. Quando si parla di aromi, qualsiasi differenza culturale e nazionale diventa sensibile. Ogni popolazione ha tradizioni e gusti specifici. Allo stesso tempo, questa organizzazione internazionale ci consente di sfruttare parecchie sinergie nella produzione, nella gestione degli acquisti e della logistica, e anche a livello di rete commerciale su diversi mercati esteri. Nei prossimi mesi continueremo a lavorare ulteriormente su questi aspetti.
Qual è stato l’impatto del lockdown sull’attività di Aromata Group?
Fortunatamente abbiamo potuto proseguire l’attività senza fermarci e finora non abbiamo avuto contagi in azienda. Appena iniziata l’emergenza, abbiamo creato un comitato di crisi per gestire la situazione e attuare tutte le procedure finalizzate a mettere in sicurezza gli operatori e l’azienda. Per oltre un terzo del personale, dall’amministrazione al customer service, è stata attivata la modalità di smart working, con un investimento immediato in computer portatili e strumenti digitali. Circa 80 addetti hanno continuato a lavorare nei reparti produzione, magazzino e logistica dei tre stabilimenti. Abbiamo garantito loro tutti i dispositivi di protezione, a partire dalle mascherine ed i guanti, che in parte avevamo già in sede per la tipologia del nostro lavoro. Ci siamo riforniti di quanto necessario anche per il prossimo futuro, sperando che in seguito diventino più facilmente reperibili.
Nell’approvvigionamento delle materie prime e nella logistica avete incontrato molte criticità?
Chiaramente ci sono stati rallentamenti, dato che molte materie prime che lavoriamo provengono dai mercati esteri, non solo dall’Europa, ma anche dalla Cina e dall’India, che a causa del lockdown locale hanno creato spesso ritardi nelle consegne. Siamo riusciti a garantire l’attività grazie anche ad un incremento avvenuto ad inizio anno dello stock del nostro magazzino, dove continuiamo a concentrare le tante materie prime che potranno servire nei prossimi mesi. Vorrei far presente, d’altronde, che per la formulazione di un aroma possono venire impiegati anche 30 ingredienti diversi. Basta che ne manchi uno e il prodotto non è più quello che il nostro cliente e il consumatore finale si aspettavano.
Cosa si può imparare da questa drammatica esperienza?
Siamo stati messi tutti a dura prova. Ma questa fase ci sta ponendo anche nelle condizioni di cambiare e migliorare alcuni flussi operativi. La digitalizzazione ci permette di restare in contatto, scambiarci informazioni, suddividerci gli incarichi e continuare ad operare anche mentre una buona parte degli operatori lavora all’esterno dell’azienda. Ora è essenziale continuare a mantenere la massima sicurezza in azienda: rispetto delle distanze, sanificazione degli ambienti, ampliamento degli spazi lavorativi e relativa turnazione, misura della temperatura corporea all’ingresso.
C’è qualche settore alimentare in cui avete registrato un aumento della richiesta?
È cresciuta la domanda da parte delle aziende che forniscono la grande distribuzione e, in particolare, quella per la produzione di prodotti da forno e bevande alcoliche. Ora attendiamo la progressiva riapertura di bar, ristoranti, alberghi, gelaterie, che sono altri canali fondamentali per i nostri prodotti.
È ottimista per il futuro della filiera del food in Italia?
Tutta l’economia ha subito un duro colpo. Noi fortunatamente abbiamo potuto continuare a produrre, ma troppe attività sono state ferme a lungo e ne risentiranno. Mi auguro solo che si possa tornare quanto prima alla gestione di una nuova normalità.
State portando avanti i vostri progetti di sostenibilità?
In questo periodo sono stati rallentati, ma non si sono fermati e appena sarà possibile li riprenderemo in mano. Stiamo per investire oltre 400 mila euro in impianti energetici a pannelli solari per gli stabilimenti di Concorezzo e Gessate, che puntiamo di terminare entro l’anno. E contiamo di portare avanti diversi altri progetti, per esempio nell’ambito del trattamento delle acque di lavorazione e dell’illuminazione a basso consumo energetico.