L’export traina le tecnologie italiane per il food

export food

 

Secondo i dati dall’Osservatorio Machinery Nomisma, le tecnologie italiane per il food&beverage confermano il loro primato internazionale e sono aperte alle soluzioni 4.0. sebbene in un contesto digitale ancora basico.

 

di Alessandro Bignami

Le tecnologie italiane per il food&beverage hanno confermato il loro primato internazionale, essendo risultate anche nella prima metà del 2022 le più esportate nel mondo, davanti alla Germania. E segnano un ulteriore trend di crescita rispetto allo stesso periodo del 2021: +7,8%, per un valore complessivo di 1.722 milioni di euro. Sono numeri importanti quelli snocciolati dall’Osservatorio Machinery Nomisma in occasione di Cibus Tec Forum, nuovo format agile e ad alto tasso di innovazione che Koeln Parma Exhibitions ha voluto dedicare al settore delle macchine e attrezzature per l’industria alimentare. Se è vero che la tecnologia italiana per il food non ha bisogno di consacrazioni, poiché storicamente riconosciuta come il modello da seguire per il livello di meccanica, prestazioni e servizio, il quadro che è emerso all’evento inietta comunque po’ di fiducia in un periodo pieno di emergenze, che ora sfogano a livello economico nella febbre dell’inflazione, un periodo in cui la filiera alimentare continua a soffrire. 

Le esportazioni non hanno smesso in ogni caso di sostenere la produzione di tecnologia made in Italy per il processo e il confezionamento alimentare. Un comparto che ha compiuto passi avanti anche sul fronte della digitalizzazione. Durante un convegno del forum è stata analizzata una ricerca dell’Osservatorio Smart Agrifood su 135 imprese della trasformazione alimentare. I dati disegnano un settore aperto alla sperimentazione di soluzioni 4.0, sebbene in un contesto tecnologico ancora piuttosto basico: l’87% ha implementato almeno una tecnologia digitale, soprattutto software di gestione dei fornitori e del magazzino o dispositivi portatili. Un altro convegno ha toccato una questione forse ancora più dirimente in questa fase, ovvero le politiche europee su globalizzazione e transizione ecologica, due fenomeni che il dibattito in fiera ha cercato di mettere in sinergia e non in contrapposizione. Ci vorrà tempo per capire se possono davvero stare insieme. E lo si capirà a partire quasi certamente proprio dal settore alimentare, chiamato a sfide senza precedenti, come la demografia esplosiva del pianeta, l’approvvigionamento di materie prime, i cambiamenti climatici. Un orizzonte problematico su cui l’agroalimentare europeo e in primis quello italiano vogliono essere, come ha detto a Parma il parlamentare europeo ed ex ministro Paolo De Castro, una parte attiva della soluzione.

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