Ridurre i consumi sprecando meno risorse e materiale diventa sempre importante per chi fa impresa. In questo contesto si colloca il Piano Transizione 5.0 che permetterà alle aziende italiane di unire il digitale al risparmio energetico. Eppure, i tempi di attivazione della misura vanno ancora a rilento. Ne abbiamo parlato con Bruno Bettelli, presidente di Federmacchine .
A cura di Eva De Vecchis
Secondo il Gruppo Statistiche Federmacchine 2024 segnerà un’inversione di tendenza per l’industria italiana del machinery che registrerà un modesto rallentamento, mantenendosi comunque su livelli mediamente alti. In particolare, il fatturato attesterà a 54,7 miliardi (-3,3% rispetto al 2023). Il consumo interno calerà, dell’8,3%, a 27,9 miliardi di euro. Ne risentiranno sia le importazioni, attese in calo, del -2,6%, a 11,2 miliardi di euro, sia le consegne dei costruttori che dovrebbero fermarsi a 16,7 miliardi, -11,7% rispetto all’anno precedente. L’export, invece, crescerà ancora, seppur di poco (+0,9%) oltrepassando i 38 miliardi, nuovo record per il comparto.
A fare da traino alla crescita del settore c’è anche il piano Transizione 5.0 sostenuto e condiviso da Federmacchine che crede nella possibilità portate anche dal risparmio energetico. Al di là dell’evidente beneficio economico, infatti, il provvedimento farà sicuramente da traino alla transizione verso la green manufacturing, ha confermato Bruno Bettelli, presidente di Federmacchine intervistato da La Subfornitura. “Si tratta infatti di una misura di politica industriale che può e deve essere interpretata come leva per sensibilizzare le imprese su un nuovo modo di operare”.

Bruno Bettelli, Presidente di Federmacchine
Bruno Bettelli cos’è l’Industria 5.0 e come si differenzia dall’Industria 4.0?
“Nata come provvedimento per far fronte anzitutto al problema dei rincari dei costi di approvvigionamento dell’energia da fonti tradizionali esploso con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, Transizione 5.0 in realtà spinge a ragionare sulla riorganizzazione della produzione e dell’attività aziendale, in chiave digitale, con l’obiettivo di misurare e ridurre il consumo energetico.
Quando sarà in vigore, le imprese manifatturiere italiane avranno l’opportunità di scegliere se operare con uno o con l’altro provvedimento, ben consapevoli che il 5.0 unisce digitale e risparmio energetico mentre il 4.0 continua a insistere esclusivamente sul digitale”.
A che punto siamo con la normativa e quali sono i principali obiettivi del piano di transizione Industria 5.0?
“Dovremmo essere in dirittura di arrivo ma, come è stato detto durante l’Assemblea Federmacchine, sono mesi di annunci e la norma resta sulla carta. Abbiamo già perso più della metà dell’anno.
Al di là dell’evidente beneficio economico, il provvedimento è studiato per fare da traino alla transizione verso la green manufacturing. In sostanza questa misura di politica industriale può e deve essere interpretata come leva per sensibilizzare le imprese su un nuovo modo di operare, rendendo così più competitivo il made in Italy del comparto e di tutti quei settori che utilizzano i macchinari di ultima generazione”.
Quali incentivi fiscali o finanziamenti sono disponibili per le aziende che adottano tecnologie e pratiche dell’Industria 5.0?
“L’incentivo fiscale legato a Transizione 5.0 è il credito di imposta che dovrebbe attestarsi al 45% del valore dell’investimento”.
Gli investimenti agevolabili, per essere ammessi al credito di imposta, devono essere effettuati – in luogo della generica dicitura “negli anni 2024 e 2025″ – dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025: alla luce di queste scadenze, pensa ci siano le basi affinché in Italia le imprese possano abbracciare, in così poco tempo, la transizione verso un’industria 5.0?
“I tempi così compressi tra la disponibilità della misura e il termine di consegna e interconnessione del macchinario mettono in difficoltà i costruttori italiani che, specializzati nel prodotto super personalizzato, hanno tempi di produzione di circa 6-8 mesi. Questa attesa è un vero autogol per il nostro paese perché, di fatto, rischia di favorire prima di tutto l’import (che è notoriamente arriva dall’Asia) a scapito del nostro prodotto o comunque del prodotto Made in Europe. Per questo riteniamo che le nostre autorità dovrebbero attivarsi quanto prima in Europa affinché i paesi si accordino su un possibile allungamento al 2026 della possibilità di utilizzo dei fondi stanziati per tale misura”.
In che modo l’Industria 5.0 potrebbe influenzare i mercati globali e la competitività internazionale?
“La produzione sostenibile, in linea con i criteri ESG, diverrà sempre più un must per l’industria manifatturiera. Ciò significa che la riduzione dei consumi energetici e dello spreco di risorse e materiale sarà sempre più elemento di attenzione per chi fa impresa. Transizione 5.0, come ha fatto Industria/impresa e Transizione 4.0, faciliterà le imprese nell’approcciare questa tematica poiché prevede un incentivo economico. E, se entrerà in funzione, come accaduto con il 4.0 il 5.0 potrà contribuire, anche in modo determinante, al miglioramento della competitività del dell’industria italiana”.
A suo parere, quali settori industriali beneficeranno maggiormente dalla transizione verso Industria 5.0?
“Buona parte dei settori manifatturieri perché i beni per i quali può essere richiesto l’incentivo 5.0 tecnicamente finiscono nella gran parte delle filiere produttive”.
In che modo le aziende possono prepararsi al meglio per la transizione verso Industria 5.0 e quali i principali ostacoli che potrebbero incontrare durante questa transizione?
“Rispetto alla Transizione 5.0, si appoggiano alle organizzazioni di settore come le associazioni, chiedono a consulenti, leggono approfondimenti sulla stampa. Quando effettivamente sarà operativo il provvedimento potremo capire meglio ma credo che la difficoltà più grande sia ancora una volta di carattere culturale. Si tratta di un cambio di approccio nel modello organizzativo e non solo produttivo. Anche per questo occorre tempo e, purtroppo, ne abbiamo a disposizione davvero poco”.