Passione e competenza per costruire il futuro della meccanica

Agazzi

Agazzi Giancarlo è una realtà solida che ha saputo attraversare gli shock economici degli ultimi anni, puntando su organizzazione, controllo dei processi e qualità del servizio.

Di Alessandro Bignami ed Eva De Vecchis

 

Agazzi Giancarlo ha affrontato positivamente l’ultimo anno, pur in uno scenario economico sempre più complesso. È importante “adattarsi, riuscire a leggere bene la situazione attuale e scegliere le strategie giuste per il futuro”, ci spiega Omar Agazzi, membro del Consiglio di amministrazione dell’azienda specializzata nelle lavorazioni meccaniche di precisione, nella produzione di particolari e componenti, oltre che di macchinari speciali e completi.

 

Omar Agazzi, come sta andando il 2023?

“Per il mercato in generale è un anno a due facce. Nei primi mesi c’è stata una crescita importante, in continuità con il secondo semestre dell’anno precedente, ma da prima dell’estate si è avvertito un rallentamento negli ordinativi. La causa è sicuramente da imputare al ciclo economico di stagflazione che sta interessando le maggiori economie mondiali. Essendo il nostro fatturato realizzato per circa il 65% con clienti esteri direi che questo andamento è comunque abbastanza generalizzato”.

 

Agazzi

Il presidente Giancarlo Agazzi insieme ai figli Paola, Flavio (a sinistra) e Omar (a destra). In apertura, la sede della Agazzi Giancarlo a Fara Gera d’Adda (BG)

 

Risentite della recessione tedesca, magari indirettamente?

“Ci hanno toccato più che altro le motivazioni di quella recessione. Noi siamo costruttori di macchine e di particolari meccanici di precisione e, soprattutto nella filiera dei macchinari, notiamo ancora delle spinte speculative. Nonostante le materie prime siano scese in modo significativo rispetto ai massimi raggiunti l’anno scorso, i prodotti finiti non hanno assecondato questa inversione, evitando di stornare la riduzione del costo del materiale. Quest’anno ci troviamo così a subire ancora degli aumenti sul prodotto finito, sebbene più contenuti rispetto al 2022. Il rischio che si sta paventando è la frenata degli ordini. Dal canto nostro, la riduzione del prezzo del materiale ci consente di comprimere il costo dei particolari meccanici che produciamo internamente, per la realizzazione dei macchinari. In questo modo, compensiamo almeno in parte l’aumento che subiamo sui componenti finiti che dobbiamo comprare dall’esterno, con il risultato di contenere il prezzo finale del macchinario complessivo”.

 

Per quanto riguarda invece i particolari meccanici e i componenti che producete e vendete singolarmente?

“In quel caso, non essendoci passaggi speculativi, possiamo garantire una riduzione più sensibile del prezzo finale e soddisfare così le aspettative della domanda”.

 

I problemi di reperibilità sul mercato di alcuni componenti sono stati superati o sono ancora una concausa dell’inflazione?

“Credo che l’aumento dei prezzi sia da addebitare ormai solo a operazioni speculative. Nel 2023 la reperibilità appare infatti risolta e i tempi di consegna sono tornati pressoché alla normalità. Alcune consegne vengono persino anticipate rispetto alle conferme d’ordine; questo vuol dire che le produzioni non sono più sovraccariche”.

 

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Quali sono le previsioni per la conclusione dell’anno?

“La previsione è di chiudere l’anno in pari con il 2022, che è stato l’anno con il miglior fatturato di sempre. Guardando ai primi 5 mesi del 2023 pensavamo di concludere in maniera diversa e migliore, ma anche restare allo stesso livello è un motivo di soddisfazione. Per il 2024, al contrario, mi aspetto maggiori difficoltà nei primi sei mesi, con un possibile calo degli ordinativi, mentre nella seconda metà dell’anno credo ci sarà una crescita. Mi auguro quindi che ritorni un po’ di fiducia sul mercato e che le tensioni internazionali si allentino smettendo così di soffiare sull’inflazione. Negli ultimi anni abbiamo vissuto e stiamo vivendo degli eventi shock intensi, rapidi e a breve distanza di tempo fra l’uno e l’altro. Non abbiamo esperienze passate che ci possano aiutare ad affrontarli, perché è tutto nuovo. Anche le aziende che hanno resistito a questi traumi ne sono uscite comunque provate. Oltretutto dal 2020 in poi molto è cambiato, anche il modo di pensare e di affrontare la quotidianità. Bisogna sapersi adattare, riuscire a leggere bene il presente e scegliere le strategie giuste per il futuro”.

 

Quale situazione la preoccupa di più?

“Non ho preoccupazioni su questioni specifiche, a dire il vero. Da tempo possiamo considerarci una realtà solida, anche se ovviamente ci sono degli aspetti che meritano di essere monitorati con attenzione. Penso all’importanza di continuare a migliorare l’organizzazione aziendale e il controllo dei processi, in modo da rispondere alle richieste del mercato, che vuole prodotti di alta qualità, con prezzi competitivi e in tempi stretti. Ciò impatta anche sul livello del servizio, che deve essere sempre più accurato. Oggi, per esempio, i sistemi di rintracciabilità dei lotti di produzione e alcune certificazioni sono ritenuti requisiti standard da molti clienti internazionali”.

 

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Avete investito molto sulla digitalizzazione dei processi. Come sta andando il percorso che avete intrapreso?

“Continuiamo a investire nel 4.0 e nel progetto di digitalizzazione. Si tratta di un processo complesso che può richiedere di rimodulare di volta in volta i tempi e gli obiettivi prefissati. Il nostro è un piano ambizioso e completo, che ha l’intento di mettere in relazione tutti i reparti aziendali”.

 

Incontrate anche voi difficoltà nel reperire sul mercato le competenze adatte?

“Certamente è sempre più complicato trovare personale già formato. Notiamo in particolare la penuria di risorse con delle basi solide nella conoscenza generale della meccanica. La questione non riguarda tanto la capacità del singolo fresatore o tornitore, che è spesso elevata, quanto la mancanza di un approccio più ampio e consapevole rispetto ai problemi della lavorazione meccanica, che vanno al di là del singolo pezzo ma possono interessare l’intera filiera. Sono necessarie competenze larghe per risolvere in modo flessibile i diversi imprevisti che possono accadere. Sotto il profilo professionale qualcosa è cambiato rispetto ad anni fa”.

 

Quali le ragioni di questo cambiamento?

“È un processo che coinvolge tutti. Da un lato scuole e aziende non sono state in grado di formare e orientare adeguatamente le nuove generazioni. Ma dall’altro c’è un aspetto che io ritengo ancora più determinante: ovvero un certo declino della volontà di apprendere sul campo. Un tempo si sfruttava qualsiasi occasione per aumentare il proprio bagaglio tecnico, a partire dal ‘rubare’ i segreti del mestiere a chi ne sapeva più di noi. C’era più curiosità, desiderio di crescere e imparare. In una parola c’era più passione. Quello che davvero mi preoccupa è osservare questo minore coinvolgimento anche nelle giovani generazioni. Ma, ripeto, la responsabilità è di tutti. Le aziende sono meno pazienti e disposte a investire sul personale e ad attendere i tempi necessari per la crescita professionale e umana. Mentre il mondo della scuola continua ad avere un approccio troppo teorico sia nella formazione che nell’orientamento al lavoro. Sono convinto che serva informare di più e dare ai ragazzi gli strumenti per comprendere quali sono le opportunità professionali del proprio territorio, in modo anzitutto da non essere costretti a spostarsi per trovare un’occupazione. Dobbiamo mostrare agli studenti le eccellenze prodotte nei nostri territori, in modo da stimolare la loro passione e creatività. Ciò può essere decisivo per costruire il loro futuro, ma anche quello dell’industria italiana”.

 

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