La crisi energetica e l’urgenza di un intervento con effetto immediato per frenare i prezzi ed evitare ulteriori danni all’economia, il contrasto all’inflazione (11,1% su base annua) che sta erodendo i bilanci di famiglie e imprese e la riduzione della pressione fiscale, a iniziare da un più incisivo taglio del cuneo per aumentare il netto in busta paga e la competitività. E poi la sicurezza di forniture energetiche e approvvigionamenti per traversare l’inverno senza l’incubo di uno stop delle forniture di gas russo, costi alle stelle e interruzioni produttive.
Gli imprenditori di Padova e Treviso interpellati da un sondaggio di opinione (Lo scenario post-elettorale e l’agenda di Governo) condotto da Assindustria Venetocentro, in collaborazione con Fondazione Nord Est, dal 4 al 21 ottobre su un campione di 547 imprese delle due province, indicano precise urgenze all’agenda che incombe sul nuovo Governo. Il primo a leadership femminile, chiamato ad affrontare le emergenze del Paese, le nubi di recessione all’orizzonte.
Richiesti di esprimersi sui temi (due in ordine di importanza) che il Governo Meloni dovrebbe affrontare nei primi 100 giorni per dare sostegno e ossigeno alle imprese, il 59,4% degli imprenditori indica tra i due più urgenti la riduzione dei costi delle forniture energetiche (elettricità, gas), in discesa dopo la bozza di accordo a Bruxelles ma ancora insostenibili, che tra agosto 2021 e agosto 2022 si sono tradotti in un aumento dei costi di produzione nell’industria del 40%, oltre alla difficoltà nel rinnovare i contratti di fornitura.
Un’agenda di misure immediate in gran parte sovrapponibile e motivata con i rischi al ribasso per il prossimo futuro dell’economia italiana che più preoccupano gli imprenditori di Padova e Treviso. In cima c’è l’eventualità di nuovi, forti rincari dei prezzi di elettricità e gas (per il 43,3%), l’aumento dell’inflazione (27,6%), i rischi geopolitici derivanti dalle guerre (22,9%), l’innalzamento del prezzo delle materie prime (22,1%), la dipendenza dalle forniture di altri Paesi (15,5%). In questo scenario soggetto alle condizioni esterne, preoccupano meno l’instabilità politica italiana (indicata dal 12,6%), la mancanza di lavoratori (11,2%), la debolezza della domanda interna (10,1%), molto meno una nuova ondata di contagi da Covid-19 (1,3%).
“Il sondaggio conferma la forte preoccupazione degli imprenditori, alle prese con costi insostenibili e la difficoltà nel chiudere i nuovi contratti di fornitura di gas ed elettricità, e i fattori di rischio per l’economia italiana e regionale, che stanno abbassando sensibilmente le prospettive di crescita, nonostante l’andamento positivo nella prima parte del 2022”, dichiara Leopoldo Destro, presidente di Assindustria Venetocentro. “La priorità assoluta è fermare i prezzi dell’energia (gas ancora 10 volte sopra i livelli pre-Covid) e mettere in sicurezza la manifattura perché la ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, come si è espresso con chiarezza il presidente Giorgia Meloni. Dal Governo ci attendiamo un’azione determinata di contrasto all’aumento dei prezzi e di tutela di famiglie e imprese, a cominciare dal nuovo Dl Aiuti e dalla legge di Bilancio, la proroga rinforzata delle misure di emergenza e del credito di imposta per gli acquisti di energia e gli investimenti in efficienza da parte delle imprese, trovando i fondi necessari nei mille e più miliardi di spesa pubblica, senza deficit aggiuntivo.
Quanto al nuovo quadro politico suggellato dall’esito elettorale e dal passaggio di consegne con Mario Draghi, per il 50,3% degli imprenditori garantirà una maggioranza stabile al Governo Meloni. Ma il 43,9% è pessimista sulla tenuta della coalizione.
Richiesti infine di esprimere un’opinione sull’Italia post-elettorale, il 43,3% degli imprenditori ritiene che il nostro Paese abbia minore prestigio internazionale e una quota analoga (42,2%) uguale prestigio; il 38,8% che abbia minore influenza in Europa (il 44,1% uguale) e il 37,1 minore fiducia dei mercati (fiducia invariata per il 44,6%, maggiore per il 10,4). Il 32,5% ritiene che il nuovo assetto politico dell’Italia comporti una minore capacità di coniugare crescita economica e tenuta dei conti, il 44,4% attribuisce una capacità uguale, anzi maggiore per il 14,6%. Infine, la maggioranza degli imprenditori (57,5%) considera invariata la capacità di spendere i soldi del Pnrr (minore per il 23,9%, maggiore per il 10,6), decisiva per la tenuta e la crescita del sistema Paese.