Arriva dai laboratori universitari cafoscarini un metodo brevettato per “prevedere” la succosità delle arance senza per questo distruggere una grande quantità di frutti, ma utilizzando scansioni, prove di spremitura e modelli matematici. Dalla collaborazione tra Università Ca’ Foscari Venezia, Fondazione Università Ca’ Foscari e Agricola Lusia, azienda di Rovigo, specializzata nella commercializzazione di agrumi per la grande distribuzione e improntata alla sostenibilità, nasce il brevetto che applica metodi matematici per una classificazione statistica meno distruttiva degli agrumi, esempio virtuoso di ricerca scientifica aperta alle necessità del territorio.
Si tratta del primo metodo, e del relativo software e sistema informatico per la sua implementazione, che permette di definire un parametro di succosità, distruggendo una quantità minima di frutti, per poi selezionare le arance una ad una applicando un processo unico, verificabile e soprattutto non distruttivo. Il regolamento CE 1221/2008 prevede infatti che le arance e altri agrumi destinati al consumo fresco contengano un minimo del 30-35% di peso in succo, a seconda della varietà. Finora però nessuno studio aveva collegato la quantità di succo con le caratteristiche fisiche e varietali dell’agrume ed era quindi necessario distruggere una grande quantità di frutti per poterlo scoprire: un metodo non sostenibile, né scalabile a livello industriale.
“La metodologia sviluppata invece congiuntamente da Ca’ Foscari e da Agricola Lusia” spiega Pietro Riello, del Dipartimento di Scienze molecolari e nanosistemi, tra gli inventori del brevetto “permette di superare queste limitazioni e prevedere la percentuale e il peso del succo di ciascun frutto (“succosità”), utilizzando un numero molto limitato di frutti – parliamo di qualche decina”. Grazie a una serie di prove di spremitura e di misure volumetriche, il metodo elabora un modello di succosità che “istruisce” il sistema in base al parametro definito e alla varietà, origine e grado di maturazione del lotto.
La classificazione di qualsiasi agrume diventa così più sostenibile, efficace e anche implementabile su scala industriale, poiché è agilmente adottabile sul macchinario già esistente in azienda con l’aggiunta di un apposito dispositivo. Un vantaggio sul quale Agricola Lusia ha investito depositando insieme all’Ateneo il brevetto, che ha ora rilevato in totalità per applicarlo industrialmente.
Con il coordinamento del C4S – Center for Sustainability presente in Fondazione Università Ca’ Foscari, ricercatori e azienda hanno lavorato fianco a fianco nelle sperimentazioni condotte da Pietro Riello, Dipartimento di Scienze molecolari e nanosistemi, da Carlo Gaetan del Dipartimento di Scienze ambientali, informatica e statistica e da Paolo Girardi, ora al Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova, sviluppando la tecnologia insieme al CEO di Agricola Lusia, Daniele Campagnaro.
“Abbiamo cercato la collaborazione dell’Università per sostenere scientificamente la promessa, la succosità appunto, di una nuova linea di prodotti”, ha commentato Nicola Modica, General and Strategic Manager dell’azienda. “Possiamo dirci pienamente soddisfatti di questa sinergia, che ci ha permesso di introdurre un prodotto di successo in un significativo area test e di portare sul mercato una reale innovazione sostenibile.”
“Non serve trovare “l’invenzione del secolo” per essere innovativi ma sapere ascoltare le esigenze delle aziende, per aiutarle a diventare più competitive migliorandone i processi produttivi o i prodotti e cercando soluzioni tecniche, anche semplici, in linea con la loro natura e capacità di investimento”, ha precisato Pietro Riello. “Si tratta di un dialogo di fondamentale supporto che la nostra università offre al territorio e per valorizzare la ricerca.”
Per l’azienda si tratta dell’ultima fase, la più inesplorata, di una collaborazione già avviata con il mondo universitario, alla ricerca di un’innovazione nel settore agroalimentare che potesse fare la differenza. Agricola Lusia aveva infatti partecipato all’Active Learning Lab Agrifood di Ca’ Foscari: il laboratorio di didattica innovativa, coordinato dal prof. Vladi Finotto del Dipartimento di Management, in cui studenti in diverse discipline sviluppano progetti originali su sfide e problemi lanciati da un’azienda, avvalendosi di metodologie come il Design Thinking, la Lean Startup e il Business Model Canvas.
La validazione scientifica delle idee emerse ha trovato poi il supporto del C4S – Center for Sustainability, centro coordinato dal prorettore prof. Antonio Marcomini e incardinato nella Fondazione Università Ca’ Foscari, che affianca l’Ateneo promuovendo la ricerca applicata per creare valore ed impatto sul territorio nell’ambito della sostenibilità.
Il progetto di ricerca sviluppato aveva infatti rivelato la mancanza di indicatori ottenibili con sistemi sostenibili (che non distruggessero il frutto), identificando le modalità sperimentali per ottenerlo. Con il supporto dell’ufficio per il trasferimento tecnologico di Ateneo PInK – Promozione dell’Innovazione e del Know-how, lo sforzo della ricerca, dopo due anni di sperimentazione, si è concretizzato nel deposito congiunto del brevetto e nella sua successiva cessione all’azienda, perché potesse trovare applicazione nel mercato e fondare su basi scientifiche un prodotto innovativo.